La mente vola e dove va a posarsi è un mistero.
Te ne rendi conto nel bel mezzo della notte, quando ti svegli all’improvviso e ricordi il sogno che hai appena fatto.
In quel momento cerchi di analizzarlo, lo ripercorri cercando un indizio, una voce, una frase, un’immagine o un volto che avevi già percepito nella vita reale, magari il giorno precedente, a cui non avevi dato alcuna importanza ma che si era nascosto in qualche recondito antro del cervello, per poi riproporsi durante quell’accadimento che avviene tutte le notti, di tutti i giorni, così sconclusionato e strampalato, ma sempre magico e affascinante, che è il sogno.
L’altra fase in cui la mente vola è quella immediatamente successiva alla precedente, sempre nel bel mezzo della notte, appena risvegliato e immerso in un silenzio unico ed in un buio irreale, ti ritrovi da solo con i tuoi pensieri e cominci col materializzare un’idea.
Dopo un po’ scopri che sei finito da un’altra parte, in un argomento che sembra non avere alcun nesso con la partenza del pensiero, allora ripercorri il filo del tuo ragionamento al contrario, ti metti alla ricerca di quel nodo, di quel punto di contatto che ha fatto deviare il corso dei tuoi pensieri.
È un po’ come quando scopri che l’unico contatto che hanno decine e decine di persone diverse fra loro e con destini altrettanto variegati, è quando percorrono insieme un piccolo tratto di vita, magari un viaggio su un treno che li porta nella stessa città, e che li consegnerà al proprio destino. Del resto tutte le storie di relazione, come accade nelle coppie, prima o poi dovranno inevitabilmente dividersi, per i motivi più disparati, oppure per il destino comune, quello che è decretato dalla regina della vita terrena: la morte.
La mente vola e la mia, non smette di farlo da più di quaranta anni, da quando ho abbandonato la spensieratezza dell’età della fanciullezza e dell’adolescenza, per stabilirmi nel mondo dei grandi, quello ricco di difficoltà e problemi. La mia mente vola e più volte, negli ultimi tempi, si è soffermata a ripercorrere i ricordi di mio padre per poi finire a quelli della mia vita lavorativa. Allora mi sono messo alla ricerca di quell’anello di congiunzione che ha fatto sì che quei ricordi antichi si sposassero con i miei.
Mi è subito sembrato lampante quel legame: è il filo familiare che lega il tutto. Ma cercando ancora ho trovato un’altra maglia di congiunzione, quella rappresentata dal lavoro dello scaricatore di porto, di “portuale”. Il primo a svolgere questo mestiere è stato mio nonno, novant’anni or sono, poi seguito da mio padre, quindi da me ed infine da mio figlio.
A questo punto ho pensato valesse la pena mettere per scritto questi pensieri, questi due filoni di ricordi che sembrano così diversi ma che camminano in parallelo facendo parte dello stesso binario e che sono stati determinanti nel processo formativo della mia vita.